Il ruolo straordinariamente importante del SIMUS nella Terza Missione e nel Public Engagement

Da poche settimane ho iniziato la mia attività di delegata alla Terza Missione e Public Engagement (PE) su incarico del Magnifico Rettore dell’Università di Siena, Professor Roberto Di Pietra. Il PE consiste nell’interazione tra ricerca e attività universitaria e dimensione e istituzioni pubbliche al fine di contribuire a diffondere la conoscenza e migliorare il benessere delle persone, della società e dell’ambiente.

Colgo l’occasione di questo spazio per fare alcune considerazioni che mi stanno a cuore, sia personalmente che come elementi cardine della mia ricerca, con l’intento di chiarire perché il Sistema Museale Universitario Senese (SIMUS) rivesta un ruolo straordinariamente importante nel PE, e quali siano le sfide da raccogliere per il futuro.

Parto da lontano. Vorrei innanzitutto far notare come nelle decisioni umane e nelle loro conseguenze sia presente un certo grado di incertezza e che lo strumento più potente che hanno le persone per riconoscerla e coglierne gli aspetti creativi e generativi sia investire nella conoscenza e nel sapere (e nel sapere di non sapere). Inoltre, il susseguirsi degli eventi ci suggerisce come la vita umana sia in continua evoluzione e che l’equilibrio che vi è alla base, sebbene dinamico e sfaccettato, sia resiliente, capace di reagire (entro certi limiti) alle perturbazioni esogene. Tale capacità di adattamento è il risultato delle molteplici interazioni non lineari che avvengono tra individui, gruppi e organizzazioni e tra questi e la natura. L’interconnessione è ciò che più di tutto ci fa sentire vivi e vicini agli altri.

Incertezza, dinamicità, interconnessione sono gli elementi della complessità in cui siamo immersi e che contribuiamo a creare ogni giorno. È necessario, a mio avviso, fare tutto il possibile affinché diveniamo sempre più consapevoli di questi aspetti della nostra natura di essere umani. Per fare ciò è essenziale, come dicevo, condividere spazi di conoscenza, individuare tempi per il dialogo e lo scambio di idee, ritrovare la gioia della comunità e della piazza.

Il SIMUS è sicuramente un sistema votato per eccellenza a questo scopo, in quanto raccoglie e organizza vari luoghi e forme di conoscenza e ne favorisce la condivisione.

Credo che ognuno di noi quando si è recato a visitare un museo abbia avuto la sensazione di sentirsi inaspettatamente vicino a donne e uomini di civiltà antichissime e scomparse o ancora vive ma inesorabilmente diverse, di riconoscere in noi stessi i tratti di specie estinte, di trovarsi a fianco di scienziate e scienziati che hanno fatto scoperte rivoluzionarie, percependo così forte la loro energia da sognare di poter fare altrettanto.

I musei ci mettono in contatto con il nostro passato e con noi stessi, ci consentono di toccare con mano la fragilità e la tenacia della vita, sincronizzano tempi archeologici e geologici con quelli della vita di un singolo essere umano. Ci offrono un’occasione unica di vivere la complessità.

A conclusione di queste mie considerazioni vorrei lanciare una sfida. Solitamente, per accedere ai musei si “entra dentro”, si oltrepassa una porta, una porta che si apre, ma poi si chiude.

Possiamo inventarci una nuova forma di museo, sempre aperto, che si espanda fino a diventare diffuso, entri in ogni luogo, trasformi il semplice camminare per strada in una esperienza culturale?

Mi immagino per un momento che su palazzi, alberi, strade, vi si trovino minuscoli segni, tracce che rimandano a storie antiche, che incorporano miliardi di informazioni accessibili con un click o uno sguardo. Vedo un mondo in cui le tecnologie digitali e persino la realtà aumentata entrano nella vita fisica, ci aiutano a essere in contatto con noi stessi, con gli altri e con la natura in modo consapevole e pacifico, confermando il ruolo fondamentale di esperienze museali come quelle del SIMUS.

 

Chiara Mocenni, Delegata del Rettore alla Terza Missione e Public Engagement