“Antichi strumenti” per promuovere l’inclusione delle persone con demenza e Alzheimer

Si conclude con questo scritto il resoconto dei quattro interventi che le diverse realtà del SIMUS hanno presentato al 29° congresso dell’Associazione Nazionale Musei Scientifici ANMS, tenutosi dal 23 al 25 ottobre al Museo Universitario di Chieti.

L’ampliamento delle tipologie di pubblico che ha caratterizzato in questi anni alcuni musei del SIMUS ha portato a confrontarci con le problematicità di persone di culture diverse, e anche con questioni di accessibilità per persone con disabilità sensoriale e in tempi recenti anche con persone con difficoltà cognitive e soprattutto con demenza e con Alzheimer.

In questo percorso si inserisce il progetto dedicato alle persone con demenza e con Alzheimer e a quanti se ne prendono cura, portato avanti dal Museo di Strumentaria medica. Dopo un corso di formazione organizzato nel 2017 dalla Regione Toscana il Sistema Museale Universitario Senese – SIMUS, il complesso museale Santa Maria alla Scala e la Fondazione Musei Senesi hanno costituito una rete di istituzioni locali in modo da realizzare nei diversi musei un calendario di iniziative dedicate alle persone con demenza e con Alzheimer, grazie alla fattiva collaborazione tra educatori museali e sanitari e i caregiver, cioè quelle persone che quotidianamente si occupano di quanti sono affetti da tali patologie.

L’obiettivo principale delle attività che vengono realizzate è di offrire a quanti vivono la condizione della demenza un’opportunità di incontro, così che possano, per quanto possibile, essere integrati nella vita della comunità sociale. I musei possono giocare un ruolo importante nell’inclusione sociale, rappresentando uno spazio utilissimo di incontro e di scambio alla pari, un luogo di ‘apprendimento’ informale e di scoperta, in cui l’emotività e forme diverse di comunicazione possono essere alla base di una partecipazione attiva di quanti sono colpiti da varie forme di demenza e dall’Alzheimer, che nei musei possono sviluppare abilità nuove che vadano a sostituire quanto perso per la malattia. Agli inizi degli anni Novanta l’American Association of Museums documentava lo sviluppo di nuove funzioni per i musei, attraverso il coinvolgimento di pubblici sempre più diversificati e ponendo l’educazione tra i propri obiettivi. Il progetto Musei e Alzheimer ne è una interessante testimonianza, contribuendo tra l’altro a rendere la società più consapevole e rispettosa nei confronti di tale patologia e delle problematiche di chi la vive. Numerosi studi hanno poi dimostrato l’impatto positivo che tali iniziative possono avere sulla qualità di vita, sui disturbi comportamentali, di ansia, depressione e sullo stato soggettivo di benessere, non solo dei pazienti ma anche dei caregiver familiari. La loro funzione è dunque complementare ai trattamenti sanitari, fin dai primi stadi della malattia.

Per gli operatori museali, infine, c’è la possibilità di un ulteriore importante risultato. Se si riesce a modificare il ‘normale’ punto di vista, ci si rende conto che queste persone possono arricchire le nostre vite e il nostro modo di lavorare con le loro opinioni e i loro pensieri, portando prospettive insolite e interessanti. In questo modo i nostri musei universitari e i beni che vi sono contenuti diventano dei “dispositivi relazionali”, strumenti privilegiati per creare rapporti tra le persone in un ambiente privo di barriere cognitive.

 

Davide Orsini

Direttore SIMUS