Nel 1856 vennero recuperati, in una grotta nella valle di Neander (Germania), alcuni reperti umani. Il mondo scientifico mostrò interesse nei confronti di tali reperti in seguito alla pubblicazione, nel 1859, de L’origine delle specie di Charles Darwin e alla fioritura delle correnti antievoluzionistiche. Nel 1864 vennero attribuiti ad una specie arcaica di Uomo: Homo neanderthalensis. La prima erronea analisi dell’aspetto fisico dei neandertaliani venne effettuata dal paleontologo Marcellin Boule: «[…] l’aspetto bestiale di quel corpo muscoloso e goffo, […] indica il predominio di una natura puramente vegetativa, animale, sulle funzioni della mente».
In base a questa interpretazione vennero eseguite le prime ricostruzioni dell’aspetto dei neandertaliani (fig. 1). Nel tempo, nuovi studi permisero una più corretta definizione di quali fossero le loro sembianze. Grazie alle indicazioni dei paleoantropologi, i paleoartisti sono riusciti lentamente a svecchiare la loro immagine. Solo nel 1980 la ricostruzione di un volto di Neanderthal apparsa sul numero di Ottobre di «Science 81» (fig. 2), permise di guardare negli occhi un neandertaliano ‘vero’. L’immagine di brutale scimmia svanì dalla coscienza popolare lasciando il posto ad una visione maggiormente umana di queste antiche popolazioni. Oggi i paleoartisti offrono l’opportunità di metterci “faccia a faccia” con questi antichi uomini e di farci sentire parte di quel complesso progetto naturale chiamato “Evoluzione”.
Stefano Ricci e Giulia Capecchi, DSFTA